Ginevra racconta quando il volontariato in India ti cambia la vita
Mi hanno chiesto di raccontare, in un paio di pagine, il mio primo mese di esperienza di volontariato con i bambini del Centro Diurno di Gurgaon, nel quartiere di Patel Nagar. Così prendo il computer in mano e cerco di fare un resoconto, un viaggio introspettivo. Provo a scrivere di quest’avventura sapendo che non è poi così facile.
Sono arrivata a Gurgaon l’11 ottobre 2016 insieme al mio ragazzo Aldo e, fin dal primo passo fuori dall’Indira Gandhi Airport, l’India ci ha colpiti e sconvolti.
Non appena arrivati al Centro Diurno, i responsabili del progetto Ranjita e Ananta Das, hanno cercato di farci sentire a nostro agio, dimostrandosi subito disponibilissimi facendoci sentire a casa.
La prima notte trascorsa in India è stata abbastanza dura, lo ammetto. Sono scoppiata in lacrime. A pensarci oggi, so che quel pianto era un pianto liberatorio, tra la malinconia e la sorpresa, tra la paura e il dubbio: lì in quella stanza, avevo appena realizzato di essere più di 6000 km lontana dalla mia casa, dal mio paese “avanzato”, dalla mia cultura, dalle abitudini di tutti i giorni, dalla mia cucina, dalla famiglia e da tutti gli amici, che mi avevano sostenuta in questa coraggiosa scelta di partire. Mi sono sentita sola.
Fortunatamente al mio fianco c’era Aldo, sempre pronto a sostenermi e così, dopo nove ore di viaggio e un meritato riposo, è cominciato davvero il nostro folle viaggio asiatico.
Ricordo perfettamente l’ansia, l’emozione, la trepidazione prima delle undici, ovvero l’orario in cui la maestra Kobita ci avrebbe lasciato un’ora e mezza per svolgere le nostre attività e i giochi con i bambini del Centro Diurno: ero così eccitata e così spaventata al tempo stesso!
Aldo ed io avevamo sognato da mesi di essere lì e non avrei accettato di fare brutte figure. Quei piccoli bambini non vedevano l’ora di cominciare a giocare e imparare, eravamo lì per loro!
Beh finita la lezione, ho guardato Aldo negli occhi e ho esclamato: ”Ostia, questi qui sono dei fulmini a ciel sereno!”.
Da quel momento è stata tutta in discesa. Più le mattine passavano, più l’ansia svaniva e piano piano è nato un bellissimo rapporto con ciascuno di quei bambini. Nonostante l’incredibile difficoltà della lingua, riuscivamo a capirci perfettamente a gesti, a sorrisi, a occhiolini, a smorfie, cercando spesso di apprendere anche qualche parola in hindi per entrare in sintonia ancor di più con i bambini.
Scrivo quando ormai sono trascorsi due mesi e so che presto tornerò a casa. Ora ci sentiamo in famiglia, liberi. Non nascondo che spesso dentro di me nasce il desiderio di tornare a casa, alla mia vita di tutti i giorni perché l’India ti travolge, ti trafigge, ti sconvolge, ti fa roteare su te stesso senza che nemmeno tu te ne accorga. L’India ti scuote, ti fissa, ti osserva, ti fa piangere, ti fa ridere, ti fa venir voglia di urlare e scappare, ti rende nervoso. Non puoi capirla, ci provi, tenti davvero di comprenderla, ma tutto è vano. Spesso ho provato il desiderio di gridare: ”No! Perché?”.
Ma la dura e amara verità è: “Chi sono io, piccola occidentale per pretendere di cambiare le cose?”. Posso solamente essere una semplice osservatrice e cercare di cogliere sempre il lato positivo delle cose, il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto. Posso solamente cercare di dimenticare per un secondo la freddezza con cui le persone camminano di fianco alle tendopoli, senza neanche far caso ai bambini sporchi di sabbia che dormono nei pneumatici, e meravigliarmi entrando in un tempio dedicato ai topi, ascoltando in silenzio le preghiere rivolte ai roditori da migliaia di fedeli indù. Spiritualità nel caos, riflessione, respiro, sospiro, pausa.
Di una cosa ero sempre stata certa: una volta finita l’esperienza non sarei più tornata la stessa persona di pochi mesi prima, per certi versi superficiale, materialista, quella persona che magari dava troppe cose per scontate. Sarei tornata diversa, cambiata, forse più consapevole?
Ve lo dirò al mio rientro…
Ginevra, volontaria in India.
Post Scriptum di Rosalba Pastena*
Ho conosciuto Ginevra e Aldo lo scorso anno, quando ci contattarono via email, decisi a partire per l’India, dopo aver visitato il nostro sito.
Ricordo che i primi contatti via mail mi lasciarono parecchio perplessa: Ginevra doveva ancora terminare gli studi superiori. Anche Aldo era molto giovane e alla sua prima esperienza di volontariato. Volevano partire addirittura in moto e rimanere in India per un anno! Una follia, pensai. Quando vennero a Roma li trovai abbastanza motivati, ma di quella motivazione che spesso mi spaventa perché ancora “acerba”, troppo emotiva. Consigliai loro di seguire il percorso volontari dei nostri amici di ASCS Onlus. Così fecero.
Era la prima volta che mi capitava ma mi sentivo responsabile, spaventata di mandarli in India perché conosco bene il paese e l’impatto che questa realtà lascia. Forse era la loro giovane età, non so.
Comunque alla fine sono partiti. Avevamo concordato tre mesi (e così è stato). Ci siamo sentiti spesso in questo tempo, piano piano li ho sentiti felici, motivati, coscienti e responsabili.
Oggi, dopo aver letto il diario di Ginevra, mi sono emozionata veramente molto perché lei e Aldo mi hanno ricordato tanto ciò che sentivo io, alla loro età, quando volevo partire a tutti i costi per l’Africa (e così fu), con quello spirito di “servizio”, condivisione e voglia testarda di cambiare il mondo senza sapere che il mondo avrebbe cambiato me.
Auguro a entrambi un cammino sereno, consapevole e attento a tutte le diversità in qualsiasi parte del mondo esse si trovino. Siete partiti alla grande, con il paese forse più difficile, la grande India. Spero vi resti dentro una delle bellissime citazioni dell’Upaniṣad:
“Voi siete il vostro desiderio stimolante e recondito. Il vostro desiderio è la vostra volontà. La vostra volontà è la vostra azione. La vostra azione è il vostro destino.”
Namasté
* Responsabile Volontariato Internazionale di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini Onlus