Ho deciso, parto per l’India
Care amiche e amici di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini Onlus,
mi chiamo Livia e faccio parte dell’Associazione da ormai cinque anni.
Ho conosciuto “Isla” tanti anni fa perché l’Associazione è nata nel quartiere in cui abitavo e mia sorella ne faceva parte come volontaria. Ho iniziato piano piano ad avvicinarmi a questo mondo vivace e sconosciuto dapprima anche io come volontaria, poi lavorandoci dentro, infine restando come socia con qualche grado di responsabilità in più dopo aver preso altre strade professionali.
Quest’anno mi era stato proposto dai fondatori di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini di partire per l’India per andare a visitare il Centro Diurno di Gurgaon. Ero già stata infatti nelle Filippine per conoscere da vicino il progetto della Casa Famiglia e le bambine di cui tanto avevo sentito parlare. Percepivo ora che era arrivato il momento di incontrare anche le bambine e i bambini dell’India.
Quando ho iniziato i preparativi l’ho fatto senza pensare troppo, spinta da un impulso irrefrenabile di andare e viaggiare alla scoperta di un nuovo mondo pieno di colori e bambini: ho iniziato le pratiche dei documenti, il visto, i voli per Delhi da prenotare, le telefonate con Ananta e Ranjita Das, i responsabili del progetto.
Poi mi sono fermata un attimo. Si fa presto a dire India.
Ho sentito di dover iniziare una preparazione “emozionale” e per questo mi sono messa a leggere qualche libro, ho parlato con amici che già erano stati lì e ho cercato di immaginare una realtà completamente diversa dalla mia.
Ma poi tutto accade, quasi naturalmente e, una volta atterrata a Delhi, ho capito quanto non aveva avuto senso quella preparazione: l’India accoglie e sconvolge, urta e urla la sua presenza, come se il tempo e lo spazio non ti appartenessero più.
Questo paese mi emoziona ad ogni passo, facendomi ritorcere l’anima con odori speziati e corporali del suo miliardo di vite. E quel miliardo di persone è tutto qui, accanto a me, nelle strade e nei bazar, nei vagoni della metro di Delhi e nel traffico soffocante di Agra.
È una marea travolgente, è una violenza del proprio spazio vitale, dove non esiste più “io” e dove non esistono più “gli altri”. C’è semplicemente un “tu” dentro una massa indefinita. Semplicemente spiazzante.
Il Centro Diurno
Il Centro Diurno di Gurgaon è frequentato da bambini poverissimi, che provengono da famiglie emigrate a Gurgaon dagli stati più poveri e rurali dell’India, fra i quali Himachal Pradesh, Uttar Pradesh, Bihar.
Povertà. È questa la parola d’ordine ricorrente. Una povertà che fa paura al solo sentirla nominare e che ti costringe al confronto, con la sua definizione e con il suo impatto rovinoso sugli occhi, sulle orecchie e sulla bocca per non sentire, per non vedere, per non parlare più.
Al Centro Diurno le attività iniziano la mattina alle otto e mezza. Prima c’è la processione dei bambini che arrivano, posano le cartelle, la bottiglia dell’acqua e si siedono per terra al loro posto. Sul tappeto. Così si usa in molte scuole indiane.
Alcuni di loro sono piccolissimi, Barsha e Aarati per esempio sono due sorelline di 4 e 3 anni. Sono sveglie, attente, con loro si riesce a fare lo spelling in inglese di parole semplici e poco altro ma dopo un mese i progressi sono lì, visibili davanti a me e il pensiero sconvolgente della povertà mi abbandona per un attimo.
Queste bambine portano la speranza di un futuro migliore, un futuro che non sarebbe potuto essere tale senza Ananta e Ranjita.
Sono loro i responsabili del Day Care Centre ed è grazie a loro se il Centro Diurno di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini Onlus va avanti con grandi progressi da cinque anni.
Ranjita è pura forza. La sua giornata è interamente dedicata alla famiglia e a questi bambini. Per loro cucina, tiene pulita la casa, spazza, lava, rassetta e, quando ci sono i volontari, cucina, spazza, lava il doppio e sempre con il sorriso sulle labbra. Ananta è quell’amico che sapevi di avere da qualche parte nel mondo, ma che non avevi ancora conosciuto. E quando lo incontri sei un po’più felice, un po’più sorridente, ricordando la pronuncia delle sue parole in italiano e la sua curiosità impressionante per tutto ciò che esiste fuori dall’India.
Ananta è un uomo con un passato difficile, di grande povertà, emigrato dall’Orissa tanti anni fa dopo un grande tsunami, ma la sua voglia di combattere per una vita migliore, per un mondo diverso è stata più forte. Dal giorno in cui ha incontrato Francesco Izzo, presidente di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini Onlus, la sua vita e quella di tutti i bambini che in questi anni sono stati accolti nel Centro Diurno è cambiata radicalmente.
Ananta e Ranjita hanno provato sulla loro pelle che l’istruzione è l’unica arma che abbiamo per donare un futuro e una speranza a bambini poveri e senza diritti, per combattere uno status e un destino che alla nascita li vuole già poveri e analfabeti.
I loro sorrisi nascondono tutta la fatica e l’impegno per andare a parlare con le famiglie più povere del quartiere di Patel Nagar, cercando di avvicinare i bambini che non vanno a scuola, che rimangono in strada a giocare senza niente e che poi davanti alla lavagna imparano a contare da 1 a 100 e a leggere parole in inglese rispondendo orgogliosi: “My name is Abhed, my name is Nitish, my name is Santoshi”.
Ecco cosa penso: “My name is Livia e il mio tempo con loro è finito troppo presto”. L’India è ormai insediata dentro me e sarà difficile rimuoverla.
Namasté cari amici. Arrivederci e a presto.
Livia, socia volontaria di Isla ng Bata – L’isola dei Bambini Onlus