Laura: tornare un anno dopo come volontaria in Casa Famiglia nelle Filippine
È trascorso un anno dal mio primo approccio come volontaria nella Casa famiglia/orfanotrofio di Isla Ng Bata nelle Filippine.
È stato folle, impegnativo, stancante e a dire la verità non avevo ben compreso tutto. Mi sono data da fare, per quel che mi concedono l’età, il fisico e la limitata comprensione della lingua inglese. Ma quel periodo dell’anno coincideva con i Caroling (canti di Natale organizzati dall’Associazione come attività di raccolta fondi). Ogni giorno avevamo sempre più appuntamenti in casa di famiglie locali benestanti, che dopo aver ascoltato le nostre canzoncine natalizie, offrivano alle bimbe (e a noi) dei pasti ipercalorici e soprattutto delle donazioni, estremamente utili per le necessità immediate.
Al mio rientro in Italia, tanti pensieri si sono accavallati, più o meno coerenti tra loro, relativamente a questa esperienza.
Ciò che ha prevalso è stato sicuramente il dispiacere di non aver avuto tempo sufficiente per conoscere meglio le bambine ma anche la realtà cittadina che mi aveva ospitata.
Un anno è trascorso e l’aiuto che come volontaria ho potuto offrire dall’Italia, si è esplicato attraverso partecipazioni a diversi eventi quali banchetti solidali, la maratona di Roma, il supporto in sede e altro. Alcuni contatti con le bimbe li ho mantenuti con i social networks e le notizie che arrivavano dagli uffici di Isla.
Ora sono di nuovo qui.

È stato come ritrovarmi a casa. Gli abbracci, le urla, i canti, i van sgangherati, i pasti scanditi dalla campanella, gli animali, il caldo abbraccio della famiglia di Calabnugan.
Come in tutte le famiglie ci sono regole da rispettare e da evadere.
La mattina ci si alza attorno alle 5.30/6.00 e si fa colazione. Le bimbe più grandi già sono pronte per la scuola e, dai loro box, le piccoline osservano con attenzione le manovre.
La giornata si dipana, almeno per me, tra la cucina e i servizi fuori della casa per andare ad accompagnare e poi riprendere da scuola le bimbe.
Questi primi giorni sono stati devastanti. Un bimbo che era stato in Casa Famiglia per tre mesi e poi restituito alla madre è morto in seguito ad una brutta polmonite. Altri due piccolini sono in ospedale. Una bambina ha un’infezione alle vie urinarie e quindi anche lei fa continuamente avanti e dietro con l’ospedale.
Insomma, emotivamente è una bella roulette russa.
Ci vuole un po’ di spirito di adattamento e voglia di fare. Noi volontari non siamo obbligati a fare nulla ma, come in tutte le famiglie – e questa è una di quelle numerose – ci si aiuta a vicenda. Ad apparecchiare, sparecchiare, lavare i piatti in quella simpatica catena di montaggio che aiuta e sollecita la comunicazione tra diversi “idiomi”, intrattenere e giocare con le bambine più piccole.
Certo il viaggio per arrivare fin qui è lungo ed estenuante, il clima è tropicale e spesso si rimane in un costante stato di umidità corporea per tutta la giornata.
Lo rifarò di nuovo?
Who knows?! Sicuramente continuerò a sollecitare i miei contatti ad effettuare le adozioni a distanza che sono importantissime per la sopravvivenza di questa piccola Isola.
Una parte del mio cuore è e rimarrà qui in casa, tra queste mura dense di umanità più sfortunata di me e piena di persone che si dedicano anima, cuore e fisico a creare una modalità di vita accettabile e un futuro sicuramente più consapevole alle piccole ospiti.
Laura, volontaria di Isla ng Bata