BLOG DI ISLA NG BATA - L'ISOLA DEI BAMBINI

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Michela, volontaria in India: il Centro di Isla la più emozionante tra mille cose incredibili

Lo scorso 26 dicembre sono partita per un’esperienza di volontariato internazionale con Isla ng Bata – L’isola dei Bambini. Era la mia prima volta in India.

Sono partita, insieme alla mia amica Federica, per restare tre settimane nel Centro Diurno di Gurgaon.

I weekend li ho spesi a viaggiare e conoscere questo posto tremendo e meraviglioso allo stesso tempo, in cui la povertà disarmante convive con una cultura affascinante e piena di speranza.

Ho camminato per le strade di Gurgaon, Delhi, Agra, Jaipur e Varanasi in mezzo a macchine, mucche, tuk tuk e rickshaw a motore o a pedali, condotti da uomini scalzi, cani, maiali, spazzatura, fiori, cammelli, elefanti, motorini, odori insopportabili e profumi di spezie deliziosi, anziani, bambini, motorini su cui viaggiavano anche cinque persone senza casco.

Ho attraversato luoghi pieni di colori, statue, dèi: Ganesh, Shiva e Mamma Gange in ogni angolo.

Ho visitato monumenti mozzafiato come il tempio del fiore di loto a Delhi e l’imponente Taj Mahal ad Agra.

Ho navigato lungo il fiume Gange assistendo a tradizioni indiane antiche e solenni come le cremazioni sulle rive del fiume e le cerimonie con danze e canti.

Ho comprato tessuti magnifici, statuette colorate e spezie di tutti i sapori.

Sono perfino salita su un elefante dopo aver passato un’ora a dargli le banane, a colorarlo e a coccolarlo.

Ma per quanto tutto questo sia stato entusiasmante, non è nulla paragonato all’esperienza che ho vissuto nel Centro Diurno di Gurgaon, nella casa di Ananta e Ranjita Das e dei loro figli Guddu (Archan) e Lala (Ardanshu).

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Michela e Federica insieme ai bambini del Centro Diurno di Gurgaon.

Nel Centro Diurno, giorno dopo giorno, sono rimasta spiazzata di fronte alla disponibilità e all’accoglienza di due persone così umili e semplici. Due persone, Ananta e Ranjita, con un passato di povertà e un presente di speranza, che mi hanno fatto sentire importante come mai prima d’ora.

Ananta è una persona da ammirare. La sua vita è stata segnata da momenti tragici che è riuscito a superare anche grazie all’incontro con persone che lo hanno aiutato. Una di queste èFrancesco, presidente della onlus Isla ng Bata – L’isola dei Bambini, che poi è diventato suo amico fraterno. Ananta non ha dimenticato il suo passato e il sostegno ricevuto ed è per questo che ha deciso di dedicare la sua vita agli altri, alle bambine e ai bambini di strada di Gurgaon, senza pretese e con genuinità.

A tavola, mi ha sempre ripetuto che l’India, il suo paese, potrà cambiare in meglio solo garantendo il diritto all’educazione di bambine e bambini, cercando di migliorare l’accessibilità alla scuola pubblica, insegnando ai bambini a leggere e scrivere, seguendoli nel loro percorso scolastico, donando loro una speranza per il futuro. Questa è la sua missione di vita.

E poiché dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, non posso non menzionare Ranjita, sua moglie. Ranjita sostiene Ananta in questo progetto con una grande energia e con un lavoro instancabile da mattina a sera. La sveglia alle quattro per preparare la colazione e il pranzo ai suoi figli, Guddu e Lala, e poi le pulizie della casa e del Centro Diurno prima dell’arrivo dei bambini. La preparazione del pranzo delle undici. Il Centro Diurno senza Ranjita non andrebbe avanti!

In queste tre settimane ho potuto conoscere i bambini del Centro Diurno, ho cercato di stringere amicizia con loro nonostante la timidezza di alcuni, ho insegnato qualche parola in inglese, una canzone, abbiamo disegnato e giocato insieme. Sono bambini incredibilmente svegli ed educati, nonostante molti di loro non siano mai andati a scuola. Hanno una grande voglia di studiare e imparare e non me lo aspettavo.

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Michela e Federica durante una visita in famiglia.

Ho visitato le loro famiglie e le loro “case”, delle piccole stanze in cui dormono a volte cinque, sei persone, con un bagno condiviso insieme ad altre venticinque famiglie in condizioni igienico-sanitarie a dir poco precarie. Per non parlare delle situazioni familiari che in alcuni casi sono tragiche. Eppure Vishal, Kajal, Karishma, Payal e gli altri bambini frequentano il Centro Diurno tutti i giorni, arrivano con la loro divisa, lo zainetto sporco, il quaderno consumato e non vedono l’ora di ripetere in inglese i nomi delle parti del corpo che io e Federica abbiamo insegnato loro con ottimi risultati.

La speranza negli occhi di questi bambini e l’aver vissuto in una famiglia indiana (dormire ospite di Ananta e Ranjita, adattarmi alle loro abitudini, mangiare i loro piatti tradizionali e conoscere la loro cultura direttamente dai loro racconti quotidiani) sono le cose più belle che mi porto dentro dopo quest’esperienza.

Mi ritengo una persona incredibilmente fortunata per avere conosciuto e convissuto con persone come loro. Sono sicura che presto tornerò a trovarli e nel frattempo, li tengo dentro come esempio di generosità e umanità da vivere giorno dopo giorno.

Michela Eingemann, volontaria in India